Le notificazioni telematiche tra tecnica e diritto


L’avvocatura italiana desidera offrire un contributo all’organizzazione giudiziaria attraverso la sperimentazione degli strumenti posti dalla tecnologia informatica, attraverso l'utilizzo concreto che agevoli e migliori la qualità della professione forense garantendo un servizio più efficiente nell'apparato Giustizia.
Numerose le iniziative organizzate dagli Ordini forensi per illustrare agli avvocati gli strumenti idonei per dialogare digitalmente e telematicamente con gli Uffici giudiziari superando l'ostacolo culturale dato dall'approccio tecnologico.
Da tempo mi dedico, anche con specifiche pubblicazioni, al tema delle comunicazioni e notificazioni telematiche, nel corso del giudizio civile ovvero le trasmissioni effettuate dai difensori mediante telefax e posta elettronica.
Non si tratta di essere considerati “visionari culturali”, ma semplicemente di promuovere e svolgere ogni attività che possa rendere la giustizia e la professione forense al passo coi tempi in modo equilibrato e nel rispetto dei principi del giusto processo.
La situazione in cui ci troviamo ora non è facile, né semplice, perché ci si rende conto di mettere in campo mezzi che se possono sicuramente agevolare e snellire le procedure, da altro punto di vista presentano una serie di aspetti che richiedono un’analisi preventiva, onde evitare in seguito problemi gravi sul piano pratico.
È vero, ci troviamo di fronte a strumenti nuovi che comportano una somma di conoscenze, cioè scienza informatica e scienza giuridica che, se accettate, sembrano mettere in crisi molto della situazione attuale, cioè tradizionale.
Ed allora si fa della filosofia se è vero come sosteneva il matematico, filosofo, scrittore Bertrand Russell è “per il fatto di trattare problemi ancora insoluti, che la logica matematica è collegata alla filosofia”.
Ma veniamo al vivo della questione, ovvero capire che cosa si presenta come un problema irrisolto, che perciò richiede ancora un’adeguata regolamentazione, e che cosa invece si può dare per scontato quando si parla di strumenti telematici di trasmissione di atti processuali sia per le notificazioni che per le comunicazioni.
Ed ancora, in questo contesto, che cosa c’è di diverso tra le norme processuali vigenti e la regolamentazione del processo telematico di cui al d.p.r. 123 del 2001?
Nell’ambito delle notificazioni telematiche si sono succeduti diversi atti normativi, con una disciplina dunque che potremmo definire a “formazione progressiva” a partire dal d.lgs. 5/2003 sul rito societario fino a giungere alle ultime riforme sul processo civile del 2005 e 2006 che hanno inserito lo strumento telematico come mezzo idoneo alla trasmissione degli atti all’interno della sede processuale sia nel rito ordinario, sia nei riti speciali, nonché nell’ambito delle procedure concorsuali.
Viene anche emanato il d.p.r. 68/2005 sulla posta elettronica certificata (PEC) ed il suo regolamento tecnico di attuazione (d.m. 2 novembre 2005).
Per doverosa esigenza di completezza del panorama normativo, non si possono tralasciare i regolamenti comunitari che in riferimento alle diverse tipologie di procedimenti europei per le comunicazioni e le notificazioni ammettono qualunque tipo di strumento idoneo a far conoscere l’atto nella sua integralità come il telefax e la posta elettronica. Il recente regolamento europeo 861/2007 sulle controversie di modesta entità, ma prima ancora il regolamento CE 1896/2006 sul procedimento di ingiunzione europeo, consentono la presentazione della domanda in formato elettronico e trasmissibile all’ufficio giudiziario per posta elettronica o telefax.
Dunque l’Europa è un passo avanti rispetto all’esperienza telematica del nostro paese, poiché le regole inserite nei testi normativi italiani in materia di notificazioni telematiche sono ammissibili solo tra i difensori di parti costituite (eppure l’Italia è stato uno tra i primi paesi d’Europa a regolamentare compiutamente il fenomeno del documento informatico e della firma digitale e a predisporre un regolamento sul processo telematico).
Dalla norma alla pronuncia giurisprudenziale il passo è stato assai breve, perché di fronte a notificazioni effettuate per via telematica è stata rilevata la nullità, se non addirittura l’inesistenza della notificazione, per il mancato coinvolgimento dell’ufficiale giudiziario e l’assenza di una normativa specifica, poiché la formula contenuta in tutte le norme riguardanti tali notificazioni che “devono essere effettuate nel rispetto della normativa, anche regolamentare, in materia di sottoscrizione e trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi” è stata interpretata nel senso di una disciplina non ancora vigente, come quella sul processo telematico.
Occorre fare un’osservazione preliminare rilevante in riferimento a tutti questi casi: la nullità è sempre stata rilevata dalla parte che vi aveva dato causa, cioè dalla parte che sicuramente negli atti introduttivi aveva indicato il proprio numero di telefax o di posta elettronica al fine di ricevere gli atti processuali dalla controparte, come disposto dalle nuove regole processuali in materia di notificazioni telematiche, che consentono al difensore la facoltà di scegliere le modalità per trasmettere gli atti indicando espressamente gli estremi dello strumento telematico di cui intendono valersi, ossia il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica.
Dunque tale presunta nullità non dovrebbe essere “opposta dalla parte che vi ha dato causa” ai sensi del 3° comma dell’art. 157 c.p.c..
Non è questa la sede per fare un dettagliato esame della giurisprudenza chiamata a pronunciarsi in tale contesto, giova solo sottolineare che, nonostante la varietà e la disomogeneità delle decisioni, il pensiero emergente dei giudici di merito è stato quello di ritenere che tale presunto vizio per assenza di una normativa specifica causasse una nullità sanabile per il raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, 3° comma, c.p.c..
Questa, invece, vuole essere la sede per porre in rilievo la problematica delle notificazioni telematiche allo stato attuale mediante l’impiego del sistema di posta elettronica certificata (PEC) di cui al d.p.r. 68/2005, a prescindere dall’operatività del regolamento sul processo telematico contenuto nel d.p.r. 123/2001.
In sostanza, il d.p.r. 123/2001 prevede la CPECPT cioè una casella di posta elettronica certificata attribuita dal Consiglio dell’Ordine e comunicata anche dal Consiglio Nazionale Forense al Ministero della Giustizia, che può ricevere solo messaggi provenienti da altri punti di accesso e dal gestore centrale e non da unità esterne a tale sistema (art. 11, 4° comma, d.m. 14 ottobre 2004). Diversamente, un sistema di PEC, che comunque garantisce tecnicamente e per legge i medesimi effetti sostanziali, ai sensi del d.p.r. 68/2005, e processuali del procedimento notificatorio, purché utilizzato tra parti costituite, può essere già utilizzato, prescindendo dalla struttura del processo telematico.
Del resto si tratta di un problema con rilevanti ripercussioni pratiche, perché se si dovesse ritenere che il sistema di posta elettronica certificata possa essere utilizzato per le notificazioni e le comunicazioni, solo ed esclusivamente nell’ambito del processo telematico, nei limiti considerati, con l’indirizzo telematico gestito e controllato dal Consiglio dell’Ordine a valle e dal Ministero della Giustizia, si dovrebbe attendere un atto normativo che ne disponga l’obbligatorietà e perciò con inevitabili tempi di allungamento nell’utilizzo degli strumenti telematici per le notificazioni tra avvocati.
Diversamente, considerando pienamente operativa (come di fatto lo è) la vigente normativa processuale in materia di trasmissioni telematiche, la PEC potrebbe già essere utilizzata per realizzare con maggiore snellezza lo scambio degli atti tra i difensori di parti costituite, ciò che del resto si augura da tempo l’avvocatura più attenta a questi fenomeni.
In definitiva e quindi per concludere, in base alla vigente normativa sulle notificazioni telematiche non vi è ragione di sospettare della validità di una notificazione o comunicazione effettuata con un sistema di PEC per lo scambio di atti processuali tra avvocati di parti costituite, proprio perché la ratio legis delle recenti riforme che hanno inserito questi strumenti tecnologici nel processo è sempre stata quella di dotare i soggetti coinvolti nella giustizia di mezzi rapidi ed efficaci per creare comunicazioni più dinamiche, senza il coinvolgimento dell’ufficiale giudiziario, sulla base della volontà espressa dai difensori di voler utilizzare strumenti più agili, svincolati da eccessive rigidità formali, purché idonei a raggiungere lo scopo stabilito dalla legge.
E di ciò la giurisprudenza se ne è immediatamente resa conto.
Infatti, il Tribunale di Torino con ordinanza del 18 Aprile 2005, ha affermato la validità della notificazione eseguita per posta elettronica certificata, perché idonea a soddisfare i requisiti sull’identificazione del destinatario, sulla data e l’ora di invio e consegna del messaggio, così come stabilisce la normativa sostanziale sul documento informatico.
Qualora, invece, le notificazioni fossero valide solo attraverso un sistema di CPECPT, cioè vincolato ad una struttura estremamente rigida, ai sensi del regolamento sul processo telematico, come ci si dovrà regolare col telefax che continua ad essere previsto come strumento notificatorio anche all’interno di un processo che dovrebbe essere totalmente improntato al nuovo formalismo digitale?
In poche parole, non vi è dubbio che allo stato dell’attuale normativa per l’instaurazione di un giudizio, cioè al di fuori di un processo telematico, non è possibile utilizzare strumenti telematici, stante il fatto che l’efficacia di piena di prova delle ricevute di invio e consegna della PEC sussiste solo se lo scambio avviene tra sistemi di posta elettronica certificata, a meno che non si voglia ipotizzare una regolamentazione simile a quella prevista dalla l. 21 gennaio 1994, n. 53, che ha consentito ai difensori di svolgere l’attività di notificazione personalmente, purché siano rispettate alcune modalità per attribuire pubblica fede all’attività svolta dall’avvocato in tal senso.
Vedremo che cosa verrà deciso a breve su questo argomento rilevante che non coinvolge solo la giustizia civile, ma anche altre sedi processuali come quella tributaria, che da sempre è improntata ad una maggiore deformalizzazione del procedimento notificatorio.
fonte altalex

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